L’inciviltà non va mai in vacanza e le discariche abusive spuntano come i funghi: nei pressi della spiaggia di Villa Romana, in territorio di Realmonte, un sottopasso è divenuto ricettacolo di ogni tipo di rifiuti.La “terapia” non può che essere una seria azione di prevenzione e di contrasto da parte degli organi preposti all’amministrazione ed al controllo del territorio.

Il cliché è quello di sempre: qualcuno più attento di altri al mondo che lo circonda ed a ciò che capita intorno a lui si imbatte nel solito cumulo di sporcizie di ogni genere e misura, ritiene che tutto ciò sia intollerabile e decide di segnalarlo, al Comune di competenza o ad una associazione ambientalista come la nostra.


Prima ancora di svolgere il sopralluogo di rito sappiamo già cosa ci aspetta: nel luogo indicato – che in questo ultimo caso, come detto, è un sottopasso che si incontra lungo una strada secondaria, peraltro interdetta al traffico veicolare, che corre lungo il costone di marna bianca in località Villa Romana di Realmonte – si rinvengono varie categorie di rifiuti, dai mobili e dagli elettrodomestici dismessi agli sfabricidi ed al materiale di risulta di lavori edili fino agli immancabili recipienti in eternit.

Non ci sarebbe neanche bisogno di scattare foto o effettuare riprese per documentare l’ennesima puntata di questo interminabile film dell’orrore che si gira senza soluzione di continuità sul set di Agrigento e provincia, con i “cattivi” che purtroppo hanno sempre la meglio sui “buoni” e questi ultimi che paiono avere le mani legate di fronte all’inciviltà dilagante.

L’unica cosa che le Amministrazioni locali sembrano in grado di fare, a quanto pare, sono le attività di bonifica, di pulizia straordinaria, che hanno costi non indifferenti da ripartirsi in capo ad ogni cittadino. Il problema – dicono – è la mancanza di uomini e mezzi adeguati per contrastare e debellare il fenomeno. La verità – diciamo noi, senza peli sulla lingua – è solo ed esclusivamente la mancanza di volontà di procedere in direzione della prevenzione e soprattutto della sanzione di questi comportamenti: quanti soldi si ricaverebbero se ai maleducati di turno venissero comminate le salatissime multe e sinanco gli arresti previsti per legge? E questi soldi a cos’altro dovrebbero servire se non a creare un fondo per operare al meglio ed evitare che il nostro territorio venga offeso e deturpato così pesantemente? E con i soldi delle bonifiche non più necessarie quante cose si potrebbero fare per le nostre comunità, quanti servizi di primaria importanza che in atto non funzionano potrebbero essere attivati?

Nel proporre queste considerazioni ci sentiamo un po’ come gli scopritori dell’acqua calda, ma giacché chi governa questa terra si preoccupa di tutto fuorché di conferirle e mantenere la dignità che merita, nuovamente torniamo a chiedere ai sindaci attenzione e soprattutto attività concrete che possano finalmente porre un freno a queste insane pratiche che degradano il territorio e bloccano sul nascere ogni speranza di crescita culturale e di sviluppo economico.

Legambiente Agrigento

Mi permetto di raccontare questa esperienza personale non per sfogare la rabbia ed esorcizzare la paura provati nel viverla ma perché ritengo che essa sia emblematica del grado di inciviltà che purtroppo si è raggiunto in questa nostra terra in cui prepotenza e maleducazione dominano praticamente incontrastati, costringendo chi le subisce a chinare mestamente il capo o a rischiare l’aggressione, verbale e fisica.

È domenica mattina 29 agosto dell’anno 2010, sulla spiaggia alle 8:00 tira già un maestrale assai teso di quelli che scoraggerebbero chiunque a rimanere. Ma è lì che ho dato appuntamento a mio fratello per accompagnarmi a Villa Romana di Realmonte, dove alcuni giorni addietro ci è stata segnalata una discarica abusiva ed in cui con i ragazzi del Circolo abbiamo già realizzato sopralluogo e foto, diffondendo nella giornata di sabato un dettagliato comunicato stampa. Una TV locale, però, mi ha chiesto delle riprese di quel sito e così decido, per l’appunto, di farmi coadiuvare all’uopo da mio fratello, che mi raggiunge con la famiglia intorno alle 9:00. C’è anche la mia piccola nipotina, Giulia, 5 anni, che insiste per accompagnarci ed io penso che, alla fin fine, farle fare quell’esperienza servirà a mettere un altro tassello nella sua coscienza di giovane cittadina rispettosa delle regole e dell’ambiente.

Raggiungiamo il parcheggio di Villa Romana in auto, la discarica si trova qualche metro più in là, in un sottopasso dove si può rinvenire di tutto. La telecamera di mio fratello riprende copertoni, elettrodomestici, mobilio di vario genere, recipienti in eternit, materiale di risulta da lavori edili e ramaglia secca in quantità industriale, pronta per prendere fuoco. Il tratto di strada in questione è interdetto al traffico, ma i veicoli vi transitano regolarmente e senza problemi, proprio il luogo adatto per essere trasformato in discarica.

Giulia osserva accanto al papà, commenta stupita tutto quel “macello” (lo chiama proprio così) e mi chiede perché nessuno fa una multa a questi sporcaccioni. Cosa vuoi rispondere ad una bambina di 5 anni? Che forse queste cose le fanno di notte, quando non ci sono controlli e quindi gli sporcaccioni possono agire indisturbati. So di mentire spudoratamente, in quel momento, ma non so che di lì a poco Giulia si accorgerà che gli sporcaccioni queste cose le fanno anche alla luce del sole.

Prima, passando vicino al parcheggio, accanto ai contenitori della spazzatura, ho notato altro eternit ed altri copertoni. Chiedo così a mio fratello se tornando indietro possiamo riprendere anche quelli. Nessun problema, mi risponde lui. È la prima volta che mi coadiuva in queste operazioni ma sa quanto io tenga al mio lavoro ed ai miei valori ed anche se questo è il suo giorno libero e potrebbe fare qualcosa di più piacevole, non si tira indietro.

Giunti al parcheggio noto che i cassonetti dei rifiuti sono stracolmi di rami secchi di palma e di lì a poco scopro anche chi ha deciso di servirsene a quello scopo: un signore anziano, infatti, incurante della nostra presenza, si avvicina con altri rami secchi e, giunto al cassonetto, li scaraventa dentro, tornando indietro più che soddisfatto. Io e mio fratello ci guardiamo interdetti. Ma il bello, o, meglio, il brutto deve ancora venire. Con identico passo baldanzoso e fare assolutamente disinvolto un uomo più giovane, trascinando anche lui dei rami secchi, si avvicina a noi, ci osserva, poi compie il suo “dovere”. Non riesco a trattenermi, questa volta: scusi, ma voi lo sapete che questo non è il modo corretto per smaltire questo tipo di rifiuti? Mi guarda a metà tra lo stranito ed il compiaciuto: intanto buongiorno, perché tra persone civili in primo luogo ci si saluta.

Cavoli! penso, se la metti sul piano della civiltà mi fai un favore, perché è proprio di questo che intendo parlare. Buongiorno, allora, ma il problema resta, stai riempiendo i contenitori con i tuoi rami secchi e quando qualcuno arriverà qui per gettare il suo sacchetto di rifiuti si sentirà autorizzato a lasciarlo per terra. Dalle nostre parti c’è un detto, volgare forse, ma efficacissimo: prenderci di sopra come le … puttane. E il giardiniere della domenica, evidentemente, lo conosce bene, anzi, benissimo: invece di preoccuparsi di me e di quattro rami secchi guardi quello che c’è in giro che noi è da quarant’anni che abitiamo qui e lottiamo per avere un po’ di pulizia.

Alla faccia, amico, se quarant’anni di lotte per la pulizia ed il decoro producono gesti come il tuo meglio starsene a guardare e non assumere alcun impegno civile, si corre seriamente il rischio di fare il contrario di ciò che si pensa. Gli faccio osservare che, indipendentemente dai quantitativi, dalla consistenza e dalla tipologia di rifiuto abbandonato e smaltito irregolarmente, il suo contributo al degrado di quella zona è comunque evidente. Sul suo viso comincia a spuntare un sorrisino che non promette nulla di buono, decide che con me non ci vuole più parlare, vuole parlare con il signore che è assieme a me e che fino ad allora è stato zitto e buono ad ascoltarci. Ho già capito dove vuole andare a parare, il giardiniere, raggiunto nel frattempo dal padre.

Dico a mio fratello che lì abbiamo finito, per me il materiale filmato è più che sufficiente. Giulia, intanto stringe la mia mano e tiene gli occhi bassi, si associa anche lei al mio invito ad andarcene. Ma no, l’amico dice che non ce ne possiamo andare, che adesso dobbiamo stare a sentire le sue ragioni e che io devo stare zitta perché sono una maleducata. Ecco, l’attacco è cominciato, guardo mio fratello, che fino a quel momento si è limitato ad osservare, e comprendo che l’amico troverà terreno fertile per le sue provocazioni. Decido di portare Giulia in auto, poi torno per tentare di trascinare mio fratello via di lì. L’amico, spalleggiato dal padre, ha capito benissimo qual è il suo punto debole, mi attacca di nuovo verbalmente, mi dice che lui sa chi sono io e che se voglio fare qualcosa di veramente utile mi devo preoccupare di togliere la montagna di copertoni che c’è lì vicino. Faccio il volontario io, caro amico e tu forse non sai neanche cosa voglia dire la parola “volontario”. Anche io faccio il volontario, mi risponde guardandomi fisso negli occhi. Sì, lo vedo, ribatto, fai il volontario a casa tua. Mi si fa sotto e mi dice che se li abbiamo ripresi e ci permettiamo di mostrare quelle immagini in giro lui mi denuncia e me la fa finire male. Io so cosa posso e cosa non posso fare e non sei certamente tu, amico, a potermi insegnare quello che è lecito e quello che non lo è. Adesso vorrei che mio fratello mi seguisse in macchina, sento che la goccia che farà traboccare il vaso è nell’aria, ed infatti arriva come un uragoano. Il vecchio lo spintona, gli da dello stronzo, mi avvento su mio fratello che si dimena e si agita, non so quali forze sconosciute mi aiutano a trascinarlo vicino all’auto, dove Giulia piange ed io mi sento colpevole per averle permesso di venire con noi, pensavo che sarebbe stata una bella lezione di educazione civica ed invece si sta trasformando in un incubo. Mi colpisce, invero, l’indifferenza di chi passa, osserva e si mantiene alla larga, capisco perché poi il telegiornale ci racconta di persone picchiate fino alla morte davanti a folle inermi, capaci solo di guardare e meravigliarsi, come davanti ad una finzione cinematografica.

Prego Dio con tutte le mie forze, continuo a ripetere a mio fratello di pensare a sua figlia che è lì e lo chiama e piange, finalmente riesco a farlo entrare in macchina. Il giardiniere giovane ci prova di nuovo, torna per insultarmi ancora ma non lo sento più, voglio solo allontanarmi da lì prima possibile e calmare Giulia che è bianca come un cencio.

Sono rimasta sola al mare, ieri mattina, lunghe ore a gironzolare in spiaggia, alla ricerca di conchiglie, incurante del vento e della sabbia negli occhi, ho ripreso la strada di casa solo dopo aver scaricato la tensione. Era domenica, ieri. Una domenica che Giulia non dimenticherà tanto facilmente…

Claudia Casa