Un esempio concreto. Ravanusa, sulla carta rovinosamente sotto i 12mila
abitanti, nella realtà dei fatti poco sopra gli 8mila. Fino al 1991 la
popolazione effettivamente residente si attestava abbondantemente sopra
i 16mila abitanti, con picchi di 20-21mila nei mesi estivi. Nonostante
l’emigrazione di massa, il tasso di crescita era positivo e costante,
tanto da determinare una popolazione ravanusana nel mondo, tra residenti
nel centro siciliano e residenti altrove, di oltre 30mila persone,
lievitate ad almeno 50mila considerando i ravanusani emigrati di seconda
e terza generazione. Oggi, la popolazione effettiva è di poco più di
8mila abitanti, poiché molti, troppi, sono i cittadini formalmente
residenti a Ravanusa, ma di fatto stabilmente domiciliati al Nord
d’Italia, in Europa, nel Mondo. Tra studenti universitari, precari della
scuola e della pubblica amministrazione, corsisti Osa e Oss, impiegati
nella sanità e nell’assistenza agli anziani, intere fasce
generazionali, tra i 20 e i 50 anni, risultano assenti o fortemente
ridimensionate. Un danno incalcolabile per il territorio e per la
popolazione, con l’abbandono del patrimonio edilizio e della diffusa
produzione agricola, sempre più accentrata, l’assenza di iniziativa
imprenditoriale, il rilassamento di intere fasce di popolazione sul
sostegno di disoccupazioni, indennità e redditi garantiti. Le nascite
sono in numero inferiore rispetto ai decessi, con un tasso di decrescita
annuo stimato nel 1,5 % su base decennale. Gli emigrati tendono a
stabilire definitivamente i propri nuclei familiari al Nord, mentre già
le seconde generazioni di emigrati hanno reciso definitivamente i legami
con la terra d’origine. Dalla terza generazione in poi non sanno
nemmeno Ravanusa, il paese dei loro nonni da cui i loro genitori
emigrarono, dove si trovi. Dati Istat alla mano, nel 1991 Ravanusa
contava 16369 cittadini residenti, scesi nel 2001 a 14115, scesi ancora
nel 2011 a 12128, infine precipitati, per come si legge in queste ore, a
11.327.
L’ultimo dato ufficiale ISTAT (11.471 al 31 dicembre 2017, di cui
maschi 5.554, femmine 5.917) va rapportato alla popolazione
effettivamente e stabilmente residente, attestata nel 2019 a poco più
di 8mila unità, calo dovuto anche all’abbandono del centro da parte
di numerosissimi cittadini stranieri, in gran parte cittadini comunitari
rumeni, trasferitisi a loro volta in direzione Nord.
Se quindi il tasso di natalità annuo è in picchiata, mentre costante
è il tasso di mortalità, il tasso di decrescita a cui abbiamo
assistito in questi decenni mostra una linea temporale inquietante:
Ravanusa, proseguendo di questo passo, è destinata a scomparire
nell’arco dei prossimi quindici-venti anni. Se in meno di
trent’anni, dal 1991 al 2019, la popolazione effettiva si è
dimezzata, il processo di spopolamento subisce grande accelerazione nel
momento in cui cessano attività commerciali ed artigianali, a quel
punto prive di clientela, mentre ogni anziano che muore sottrae
importanti risorse economiche, da pensione o da invalidità sociale, ad
interi nuclei familiari, a quel punto costretti ad emigrare. Muore un
anziano, viene meno una pensione, su cui si fondano molti bisogni di
giovani disoccupati, ragazze madri, divorziati. La situazione si aggrava
ulteriormente per l’aumento dei decessi per malattia in età giovane.
Sicuro indice di conferma di questi dati è fornito dall’ulteriore
dato del calo di iscrizioni alla scuola dell’obbligo, con conseguente
riduzione delle classi e con il trasferimento di insegnanti in altre
sedi.
Si consideri che per il CIA World Factbook, il tasso di natalità annuo
mondiale è in netta crescita, il tasso di mortalità è la metà del
tasso di natalità, con conseguente tasso positivo di crescita.
In controtendenza, dunque, i territori siciliani, di cui Ravanusa
rappresenta il cosiddetto “comune medio” tra i 10mila e i 20mila
abitanti.
Per tale ragione, noi di “Popolo Sovrano”, provenienti
dall’esperienza di “Forza del Popolo” insistiamo nel rivolgere al
Governo nazionale l’invito all’adozione urgente di contromisure
concrete, posto che dalla provincia di Agrigento, solo per riportare un
esempio, negli ultimi dieci anni sono partite almeno centomila persone,
lasciando il territorio privo della reale possibilità di sostenere la
propria economia di scala, che passino dai seguenti punti fondamentali:
misure straordinarie di sostegno alle famiglie e alle imprese,
attraverso sgravi, moratorie e contributi esattamente per quanto avviene
in occasione di calamità naturali, posto che il siciliano paga la
benzina, l’iva e le imposte come nel resto di Italia, a fronte di un
reddito pro-capite nettamente inferiore e condizioni infrastrutturali e
di servizi alla persona nemmeno lontanamente paragonabili al resto di
Italia.