Se un programma televisivo merita un plauso, senza dubbio esso deve essere rivolto alla serie trasmessa da History Channel “Ti presento i Romani” narrato da Mary Bear la quale simpaticamente e senza volersi rivolgere al grande pubblico in tono cattedratico bensì con semplicità divulgativa, trascina gli spettatori nel mondo sommerso di una Roma in cui non esistevano solo i ricchi con le loro ostentazioni ma anche i poveri, ed erano tantissimi, che conducevano una vita travagliata tra le strade della Città che rappresentò il dominio sul mondo. Ancora oggi, le vie di Roma ci narrano tante avventure e modi di vivere che vanno ricercati nei vicoli di Trastevere o di Testaccio o ancora del Ghetto da Mary Bear percorsi a cavallo della sua fedele bicicletta e con in testa un casco paracolpi a difesa del traffico caotico che impera nel centro dell’Urbe. Indubbiamente se vogliamo conoscere dobbiamo sapere dove e che cosa cercare ma non vi sono misteri poiché la città eterna continua a mostrarci le lapidi incastonate nei muri le quali ci raccontano tante storie e ci rivelano come doveva essere la vita quotidiana della gente, anche della più povera che abitava in palazzoni con a disposizione sovente di una stanza per famiglia essendo gli affitti molto cari, priva di servizi igienici, scarsa di luce esterna, senza marmi, affreschi, fontane o giardini interni per riposare lo spirito; no, la povera gente era destinata alle insulae, casermoni altissimi e insicuri che formavano un dedalo di viuzze malsane e sempre pronte a prender fuoco come avvenne per quel malaugurato agosto in cui Nerone vide la tragedia avviluppare persino la base del suo palazzo ricco di opere d’arte. Non parliamo poi di quanto le strade di notte con la scarsa illuminazione divenissero il paradiso dei criminali che imperversavano allegramente senza che la legge tutelasse i più deboli. Il denaro era fondamentale in questa società e per procurarselo tutto era lecito: corruzione, sopraffazione, delitto, furto, rapina e chi più ne ha più ne metta; del resto il denaro(da quando è nato) è stato sempre il motore del genere umano poiché con esso ci si procura potenza, benessere, plauso, amicizia insomma considerazione sociale. I romani hanno rappresentato la civiltà ed in effetti è vero che hanno lasciato uno stile di vita seguito anche dai popoli conquistati e dobbiamo riconoscere che per tanti aspetti hanno precorso i tempi anche se, a volte, copiando dagli altri il meglio con il merito però di renderlo non solo fruibile ma anche artisticamente valido. Non mancò ad essi l’amore per la vita sociale che si esplicava a secondo del proprio rango o nelle bettole o nelle terme oppure nelle case private; le taverne si aprivano lungo le strade affollate e la gente del popolo poteva ridere raccontandosi barzellette piuttosto salaci oppure scherzare con le prostitute o ancora combinare loschi affari bevendo e mangiando. Il cibo, nelle stanze delle insulae era difficile da cucinare per cui si comprava e consumava per strada poiché le botteghe si affacciavano direttamente sulla via un po’ come era un tempo a Napoli quando per arrotondare le magre entrate, si friggevano direttamente davanti alla porta dei bassi le famose pizze fritte molto più economiche e facili di quelle al forno, era in effetti una sorta di fast food che nel 1954 De Sica immortalò con una splendida Sofia Loren nel film “L’oro di Napoli” la quale frigge pizze e le vende a credito ai passanti; anche le panetterie avevano il loro venditor che offriva i suoi dieci tipi di panis ai clienti in attesa davanti al bancone. I più abbienti si incontravano alle terme luogo di ritrovo e di relax in cui si poteva non solo rispettare l’igiene ma anche trascorrere in chiacchiere il tempo libero. Le thermae erano l’equivalente dei nostri centri benessere, noi non abbiamo inventato proprio niente, ed erano aperte a tutti, tranne che agli schiavi, gratuitamente o con tariffe veramente basse. Queste costruzioni offrivano portici, viali alberati per passeggiare in pieno relax, piscine all’aperto o al chiuso, palestre, sale per la lettura e per la conversazione. Considerando che nelle abitazioni private popolari non vi erano bagni, si poteva ricorrere ai balnea o bagni pubblici per potersi lavare nonché a latrine comuni in cui i sedili erano gomito a gomito per cui mentre si espletavano le proprie funzioni si poteva chiacchierare senza alcun problema, un canaletto di scolo manteneva il servizio pulito facendo confluire i liquami nella Cloaca Maxima, la più antica delle fogne romane, iniziata nel VI secolo a.C. e proseguita sotto la Repubblica e l’Impero. Agrippa volle che anche l’acqua in eccesso degli acquedotti potesse riversar visi e quindi vennero allargati gli spazi tanto da renderli percorribili in barca. Non tutti però si recavano nelle latrine pubbliche per cui non era difficile che una doccia sciagurata potesse riversarsi da una finestra sui malcapitati passanti con i risultati che tutti noi possiamo immaginare.

Maddalena Rispoli