Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, condividendo pienamente le tesi difensive degli avvocati Rubino e Valenza, ha respinto l’appello proposto dalla Prefettura di Agrigento, condannando quest’ultima nuovamente al pagamento delle spese giudiziali nell’ambito della vicenda legata allo scioglimento del Comune di Camastra. L’ormai ex sindaco Angelo Cascià, decaduto da primo cittadino in seguito allo scioglimento del consiglio comunale “per ingerenze con la criminalità organizzata” (aprile 2018), al fine di esercitare il proprio diritto di difesa, chiedeva al Ministero dell’Interno di prendere visione ed estrarre copia degli atti relativi al procedimento che aveva condotto all’adozione del provvedimento di scioglimento del Comune, e segnatamente tra gli altri della relazione redatta dalla commissione d’accesso che aveva esaminato l’attività amministrativa del Comune ed il rapporto redatto dal Prefetto in relazione all’istruttoria ed eventuali atti connessi. Ma la Prefettura di Agrigento negava l’accesso alla relazione predisposta dalla Commissione d’accesso ed agli altri richiesti in asserita ragione del loro carattere riservato. Ed allora il Rag. Cascià, con il patrocinio degli Avvocati Girolamo Rubino e Rosario De Marco Capizzi, proponeva un ricorso giurisdizionale davanti al Tar Sicilia per ottenere un ordine di esibizione degli atti richiesti ; il Tar Sicilia, Palermo, Sezione Prima, accoglieva il ricorso ordinando l’esibizione degli atti richiesti e condannando l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese giudiziali. Ma la Prefettura di Agrigento proponeva appello davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la riforma della sentenza di primo grado, sostenendo tra l’altro che i documenti richiesti dal ricorrente sono strumentali alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza Il CGA ha adoperato parole sferzanti nei confronti dell’Amministrazione appellante sostenendo che ” poichè il diritto di difendersi è un diritto fondamentale intangibile la condotta dell’Amministrazione che pretende di comminare una sanzione compressiva di un diritto fondamentale quale è quello allo svolgimento del mandato politico utilizzando argomenti probatori che però intende tenere celati appare in contrasto non soltanto con le più elementari regole della logica,ma intrinsecamente contraddittorio e come tale viziato da eccesso di potere… e contrastante con il metodo democratico”. Pertanto, per effetto della sentenza resa dal CGA, confermativa di quella resa dal TAR.

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