Forse, quando il sistema bancario ha scelto di utilizzare questi termini per dare una classificazione dei crediti verso i propri clienti o, meglio, per dare un nome alla difficoltà o impossibilità da parte dei clienti di rimborsare alla scadenza un prestito alla propria banca, non si presagiva una crisi economica così forte come quella che stiamo affrontando in questi ultimi anni. I termini “incagli” e “sofferenze” campeggiano spesso sulle testate giornalistiche economico/finanziarie ed anche a non sapere bene cosa essi significhino mettono già in sinistro allarme solo a leggerli. Ma al di la della opportunità o meno di usare termini così “preoccupanti “, ormai con gli stessi ci dobbiamo fare i conti e, soprattutto, con le ripercussioni che le cifre globali che stanno dietro gli stessi avranno nel nostro rapporto quotidiano con la banca. Ma perché la misurazione degli incagli e delle sofferenze bancarie, realizzata attraverso le segnalazioni mensili che tutte le banche fanno alla Banca d’Italia, risulta essere un termometro importante per fotografare la situazione economica di un paese e, quindi, la salute delle sue banche? Vediamo di conoscere meglio il significato di questi di termini.

-Per “incaglio” si intende una situazione di perdurante difficoltà del cliente della banca nel far fronte agli impegni assunti (ad es. crediti scaduti da oltre 90/180 gg..) difficoltà che si prevede possa essere rimossa entro un congruo periodo di tempo.

– Per “sofferenza” si intende la vera e propria insolvenza del cliente cioè la obiettiva impossibilità dello stesso a far fronte, nei termini contrattuali, agli impegni di restituzione del prestito ricevuto. In questa situazione la banca avvia le azioni legali per il recupero del credito.

Secondo i dati dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana) le sofferenze lorde per il mese di settembre 2012 risultano avere raggiunto la cifra record di 118 miliardi di euro circa con un aumento di circa 16 miliardi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

In rapporto agli impieghi, cioè ai prestiti complessivamente fatti dalle banche italiane ai propri clienti, le sofferenze risultano pari al 5,9% (5,1% un anno prima).

Famiglie, ma soprattutto imprese, sono sempre più in affanno nel rimborsare i finanziamenti ottenuti dalla banche. I dati, segnalati dalla Banca d’Italia, evidenziano come oltre la metà dei crediti non rimborsati alle banche italiane siano a carico delle imprese (66,6 miliardi di euro nel 2011, contro i 47,6 mld del 2010), ma sono anche le famiglie consumatrici a essere sempre più in evidente difficoltà, a partire dal pagamento dei mutui e dalla tenuta del bilancio domestico (il debito per il 2011 è di 24 miliardi, rispetto ai 16,4 miliardi del 2010).

L’ammontare del debito – sottolinea Bankitalia – si presenta di gran lunga superiore rispetto all’inizio della crisi: nel 2008 le sofferenze attribuite a tali famiglie erano pari a soli 9,1 miliardi; 12,8 miliardi nel 2009. Infine ci sono le famiglie produttrici, quelle cioè che fanno capo a piccole imprese, con 9,9 miliardi di debiti da saldare, rispetto ai 7,8 miliardi di fine settembre 2010 (+16,2%). Sono prestiti, dunque, la cui riscossione non è certa da parte della banca erogatrice. Quanto ai prestiti erogati, sempre nello stesso periodo, il totale ammonta a 1.984 miliardi a fine settembre 2011, dai 1.914 miliardi di fine settembre 2010, che segna un modesto aumento del 3,6%, ma un netto scarto rispetto al boom delle sofferenze. Questi dati rappresentano, nella loro drammaticità, la situazione di profonda difficoltà nella quale si trova oggi il sistema economico, le imprese e, quindi il sistema bancario. Le conseguenze di questi numeri sono, inevitabilmente, una ulteriore contrazione dei finanziamenti da erogare alle imprese ed alle famiglie con la conseguenza di subire un ulteriore e pericoloso avvitamento verso il basso. Occorre con urgenza affrontare questo problema prima che sia troppo tardi. Non possiamo permetterci di vedere numerose imprese e famiglie perdere la speranza di potere andare avanti come non possiamo permetterci che le sofferenze e le conseguenti perdite su crediti mettano in serio pericolo i bilanci delle banche. L’economia ha bisogno di imprese sane e banche sane ma occorre subito avviare percorsi virtuosi nei settori dell’economia e del lavoro affidandosi ad attori e protagonisti di un cambiamento serio che porti a riscrivere le regole del gioco. Non penso che siano sufficienti le moratorie sui debiti o sconti sugli interessi da pagare, occorre seguire politiche di sviluppo serio e responsabile dove la finanza venga destinata alla vera creazione di ricchezza.

di Vincenzo Racalbuto